La Casa di Lellino

Benvenuti sul mio blog !!!,il punto d'incontro per tutti gli infermieri con articoli,documenti e risorse dal mondo infermieristico in generale ciao

giovedì 27 ottobre 2011

Il primo Flash Mob in sanità

dal sito Nursind:

venerdì 7 ottobre 2011

Un Farma racconto "particolare"


I dolori iniziano lunedì mattina, a lavoro. Durante la lezione mi tocco il lato destro della bocca e sento crescere una lieve sensazione di fastidio che diventa sempre più intensa. Durante una pausa vado in farmacia e compro una confezione di Oki. Nel pomeriggio prendo due bustine a distanza di qualche ora. Il dolore diminuisce. Riesco a tornare a casa.

Chiamo francesco, che lavora come dentista presso lo studio di suo padre e gli chiedo se può consigliarmi qualche antidolorifico per il mal di denti, visto che il dolore è riapparso più intenso di prima. Mi consiglia il Brufen in soluzione da 600 mg. Intanto ho preso un altro Oki e un Aulin, che però non stanno facendo effetto. Alle nove di sera monto in macchina e vado in una farmacia notturna su via appia, dove chiedo ad un farmacista indiano di darmi il Brufen. Lui mi domanda a cosa mi serve e se è la prima volta che lo prendo. Rispondo si. Mi dice che è abbastanza forte, chi me lo ha consigliato? Dico il mio dentista. Ho un forte mal di denti, aggiungo. E intanto mi massaggio la mascella. Lui si allontana e va a prendere il Brufen. Ritorna, mi dà la confezione, pago, prendo la confezione, esco e torno a casa. Preparo il Brufen e lo bevo. Mi sdraio sul letto. Aspetto che il Brufen faccia effetto. Il dolore rimane lo stesso, anche se in alcuni momenti sembra diminuire. Dopo un’ora inizia ad aumentare in maniera esponenziale. Diventa costante. Una presenza dentro la mia bocca che richiede la massima attenzione. Il dolore batte sul dente del giudizio in fondo alla mandibola e si propaga per tutta la metà destra del mio volto. Su per la testa. Giù per la gola. Alle quattro di mattina non ce la faccio più, sveglio mia madre e le chiedo di accompagnarmi all'eastman. Parcheggiamo su viale regina elena, scendiamo ed entriamo. Barcollo lievemente, il dolore è intenso e pulsante, mai provato prima. Si è impossessato di me. Ho cercato di controllarlo, di regolare il respiro, di ignorarlo, di combatterlo. Niente da fare. Il dolore persiste. Ci dirigiamo verso il pronto soccorso all’interno dell’ospedale. Mi siedo su una panca. Un ragazzo prima di me. Aspetto una ventina di minuti. La testa fra le mani. Poi la porta si apre, un tizio in camice dice avanti il prossimo. Mi alzo ed entro. Mia madre aspetta fuori. Il tizio in camice mi chiede un documento per la registrazione. Dico che non ho un documento. Lui mi chiede nome, cognome, dove abito. Rispondo. Poi mi fa accomodare su una poltroncina. Arriva il dentista. Buongiorno. Buongiorno. Cosa succede mi fa lui. Il dente del giudizio dico io. Apro la bocca, lui controlla qualche secondo, poi dice che si sta formando del pus tra il dente del giudizio (che ancora non è uscito) e la gengiva e che devo prendere degli antibiotici. Gli dico che ho un dolore atroce in bocca., Mi dice di prendere degli antidolorifici fino a quando l’antibiotico non inizi a fare effetto. Gli dico che ho preso sei sette Oki dal pomeriggio del giorno prima e che non mi stanno facendo niente. Lui dice prendili ancora fino a quando l’antibiotico non fa effetto. Il tizio in camice di prima dice devi aspettare ventiquattro ore. Io sorrido, sicuro che mi stia prendendo in giro, Altre ventiquattro ore di quel dolore non possono essere che uno scherzo.

In macchina con mia madre verso la farmacia notturna, dove la sera prima avevo comprato il Brufen, per acquistare gli antibiotici. Mia madre scende, io sono in macchina, con il dolore che continua a pulsare. Mia madre citofona alla farmacia, si palesa l’indiano dopo abbondanti dieci minuti. Sono le cinque di mattina. L’indiano chiede a mia madre se è un’emergenza. Mia madre risponde sono le cinque di mattina, se non fosse un’emergenza starei a casa a dormire. L’indiano infastidito va verso lo sportello e chiede a mia madre cosa vuole. Dopo alcuni minuti sento mia madre che inizia ad incazzarsi con l’indiano. Dentro di me penso – porco dio sono le cinque di mattina possibile che qualcuno abbia la forza di rompere i coglioni a questa ora. Che sia madre o l’indiano a creare casini non mi interessa, voglio quel cazzo di antibiotico, mettermi a letto e riuscire a dormire.

Prendo l'antibiotico alle cinque e mezza di mattina, nel mio letto. La bocca è un inferno. Provo ad addormentarmi. Passano quattro ore di pensieri deliranti, visioni, ragionamenti irrazionali, preghiere, disperazione. Tutto inutile. Alle nove sono in piedi accanto a mia madre. Torniamo al pronto soccorso le dico. Io così non resisto. Intanto la bocca mi si è gonfiata e non riesco quasi più a parlare.

Di nuovo nella corsia del pronto soccorso, non capisco più niente, mi dondolo su una panca, la parola emergenza in questo luogo non sembra esistere, nessuno che mi faccia passare avanti, aspetto stoicamente il mio turno.

Di nuovo il dottore di prima, questa volta faccio entrare anche mia madre, mi siedo sulla solita poltroncina. Inizia una disquisizione filosofica tra mia madre e il dentista sulla terapia del dolore. Sento mia madre dire dategli qualcosa o io a casa così non lo riporto. Il dottore ironico, e cosa gli diamo? un po' di morfina? Dentro di me l’idea suona allettante, almeno così riesco a provarla in una situazione controllata, la morfina. Mia madre continua a ripetere dategli un antidolorifico. Esce fuori un altro nome magico, Toradol in gocce. Il dottore, forse capendo finalmente che non sono un tossico in crisi di astinenza che cerca di rimediare un palliativo alla sua mancata dose di roba giornaliera, si impietosisce e mi spara in bocca trenta gocce di Toradol.

Tempo di arrivare a casa, sdraiarmi sul letto e la sostanza inizia a fare effetto. Il dolore lentamente svanisce in un caldo abbraccio. Come le onde del mare che arrivano sulla sabbia, lente, una dietro l’altra. Finito il dolore mi libero in volo, mi alzo dal letto leggero e penetro in una dimensione onirica senza accorgermene. Sono per le strade di una cittadina spagnola, la sera, al tramonto. Ci deve essere una festa, un piccolo circo allestito in una piazza, tra le macchine, giostre rudimentali. E’ estate. Porto una maglietta e un paio di calzoni corti. Mentre passeggio tra le giostre il corpo di una ragazza si sfiora contro il mio. (A distanza di cinque giorni ho ancora nitide le sensazioni di quel contatto). Sento i suoi piccoli seni contro il mio torace. Poi ci guardiamo negli occhi. La ragazza ha qualcosa di zingaro e selvaggio. Una gitana dalla pelle bruna. Ha qualche anno meno di me. E’ bellissima. La ragazza mi prende per mano e passo con lei la nottata. Attraversiamo tendoni e strade, incontriamo persone, mi presenta ai suoi amici, beviamo del vino rosso. Ogni cosa è reale, lucida. In una tenda lei mi sbottona i pantaloni e strofina i suoi piedi sul mio cazzo. Io mi avvicino e la bacio in bocca. La notte continua, altre cose accadono. Poi la perdo e mi ritrovo a vagare da solo, sotto le stelle, alla ricerca di strade che avevo dimenticato.

Rientro nel mio corpo, il dolore di nuovo pulsante nella bocca, l’effetto del Toradol diminuisce, sono passate sei ore. Gli antibiotici ancora non sono entrati in circolo. Durante le ore successive prendo altre venti e diciotto gocce della sostanza e l’effetto è altrettanto bello, una volta che il dolore svanisce.

Anni di droghe e sperimentazioni mi hanno insegnato veramente qualcosa. A sapermi confrontare con il dolore. Imparando che ogni cosa inizia, cresce e finisce. Così come ogni viaggio. Così come l’assunzione di ogni sostanza. L'attesa che l’effetto inizi, l’apice, la discesa.

Nei giorni seguenti gli antibiotici iniziano a fare effetto ed abbandono il Toradol. Per quattro giorni non riesco a mangiare cibo solido. In bocca entrano solo liquidi, succhi di frutta, brodo, omogeneizzati. Penso a chi soffre veramente, a chi ha il cancro, a chi ha malattie terminali. Penso alla stronzata del diritto alla vita. Quando soffri in questo modo dovresti essere solo tu a decidere quali sono i tuoi diritti. Una vita piena di questo dolore fisico, lancinante, espanso in settimane e mesi, lenito solo dal contatto diretto con la morfina, l’eroina e derivati degli oppiacei, non è vita. E’ una lenta e inesorabile tortura.

Per quanto l’effetto del Toradol mi abbia affascinato il prezzo che il mio corpo paga è molto alto. Spossatezza, debolezza, i due giorni successivi di completo rincoglionimento.

Per aiutare chi soffre veramente non ci vorrebbero medici, ma sciamani. Persone che sappiano accompagnare nel viaggio che va dal dolore alle visioni e dalla vita alla morte i malati e coloro che il destino ha derubato della stessa gioia che ogni singolo respiro dovrebbe portare con sé.

La morte è solo un passaggio.

E tutti vorrebbero, in quel momento, avere qualcuno che li prenda per mano e li accompagni fino a quel vasto oceano, dorato e pieno di calma, nel quale abbandonerai il tuo corpo terreno per diventare pura luce.
Autore: take a trip
Fonte:   http://lascimmiasullaschiena.splinder.com/

Kankropoli

Un libro scomodo alle lobby Farmaceutiche e a tutto cio' che ruota dietro il Business delle cure oncologiche
Consigliatissimo...
Kankropoli
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Testimonianze Video

riprendendo il post successivo vi propongono alcune testimonianze video di pazienti guariti con tecniche "ALTERNATIVE" dopo fallimento di quelle convenzionali.





Riprendo l'aggiornamento del blog dopo una considerevole assenza, proponendovi un video che alcuni di voi magari conoscono e che tratta delle cure alternative al CANCRO.


Per chi ne volesse sapere di più:
http://www.aerrepici.org/