La Casa di Lellino

Benvenuti sul mio blog !!!,il punto d'incontro per tutti gli infermieri con articoli,documenti e risorse dal mondo infermieristico in generale ciao

domenica 18 novembre 2012

siamo gli infermieri

lunedì 29 ottobre 2012

la storia delle uniformi infermieristiche

L' aspetto e lo stile delle divise degli infermieri ' è cambiato significativamente nel corso degli ultimi due secoli . Come la professione è diventata più rispettabile agli occhi del pubblico , gli infermieri hanno cercato di migliorare il comfort e la funzionalità del loro abbigliamento Prima del 1860 Nei primi resoconti storici , monaci , suore e religiosi di altri lavoratori hanno compiti di cura , gli ospedali permanente non sono diffuse prima del 19 ° secolo . Le uniformi infermieristiche prime derivate da abitudini suora .

1860-1940

Quando Florence Nightingale aprì la Scuola di Formazione per Infermieri nel 1860 , la professione guadagnato più rispetto e una divisa standard . Uno dei suoi studenti progettato una divisa che comprendeva un abito a maniche lunghe con colletto inamidato , un grembiule con bretelle , e un berretto che frilly legato sotto il mento . Più tardi , gli indumenti del Capo -come detto tippets sono stati aggiunti alla divisa .

metà del 20 ° secolo

Durante la seconda guerra mondiale , vestito da pavimento -lunghezza della nutrice è stato ridotto a metà polpaccio , e il tappo è diventato più conservatore di stile , senza il sottogola . Negli anni 1950 e ླྀ , uniformi molti cadere il grembiule per uno stile bavaglino nella parte anteriore, e la " scatola della pillola " cappello è stato introdotto.

1970-1980

Durante gli anni ྂ e ྌ , la carta usa e getta cappellini e grembiuli diventato più popolare , e, infine, mantelle e berretti scomparso . Come più uomini entrati nella professione , una semplice divisa bianca tunica con le spalline divenne il look standard per gli infermieri.

1990 ai giorni nostri

presenti durante gli anni ྖ , gli infermieri iniziato ad indossare scrub . I vestiti erano più facili da pulire e più comodo per lavorare in più abiti . Oggi , la maggior parte degli infermieri negli Stati Uniti indossare Scrubs in una varietà di colori e modelli .

Catetere vescicale e ginnastica vescicale: il crollo dei miti

Dal sito AILF (associazione infermieri legali forensi)
Scritto da Eugenio Cortigiano   link



La ginnastica vescicale si realizza chiudendo ad intervalli il flusso del catetere vescicale mediante l’apposizione di un tappo o mediante il clampaggio del sistema di raccolta.
La ginnastica vescicale è una pratica inutile e dannosa basata su un razionale smentito dalla fisiologia della minzione.
Ricerche condotte in merito alla sua diffusione in Italia hanno dimostrato che essa deriva probabilmente da un errore di traduzione dall’inglese. Con il termine ginnastica vescicale ci si riferiva a metodiche di rieducazione alla minzione che niente hanno a che fare con questa pratica che è assolutamente da evitare.
L’obiettivo per il quale essa è praticata è rappresentato dal tentativo di riabituare la vescica a riempirsi periodicamente in modo da ripristinare la continenza alla rimozione del catetere.
Tale pratica è stata da tempo messa in discussione per diversi motivi:
- se il catetere viene chiuso più volte durante la giornata (spesso con lo stesso tappo) si determina una stasi di urina all’interno della vescica, che può aumentare l’incidenza delle infezioni urinarie;
- il muscolo detrusore della vescica non esegue nessuna forma di “ginnastica” quando il catetere rimane in situ perché lo svuotamento dell’urina avviene per drenaggio e non per contrazione dello stesso muscolo;
- la ginnastica vescicale non assicura la “correzione” dell’incontinenza. Essa viene garantita dalle strutture sfinteriali e dalla muscolatura del piano pelvico perineale sia nell’uomo che nella donna: tali strutture muscolari non possono essere esercitate solo mediante il semplice riempimento della vescica.
Per il miglioramento del loro tono sono raccomandati interventi riabilitativi specifici, come gli esercizi per la muscolatura pelvica, il bio feedback, l’uso dei coni vaginali, la stimolazione elettrica del pavimento pelvico.
Per questi motivi possiamo dire che la vescica dei pazienti non risente della ginnastica vescicale.
Da un esame della letteratura emerge inoltre che: “….si è impiegato, erroneamente, il termine “rieducazione vescicale” intesa come “ginnastica vescicale” per indicare un’ampia varietà di tecniche comportamentali.”
re.

CATETERISMO VESCICALE A PERMANENZA

Dalla videoteca delle tecniche infermieristiche un'altro video.
Tutti i diritti riservati all'autore: http://www.youtube.com/user/karlo1967?feature=watch
semplice condivisione e divulgazione della sua importante opera.



giovedì 11 ottobre 2012

Concorso per 40 infermieri in Sardegna

Articolo tratto da : Infermieri Informatizzati
E' un palpitare più lento il ritmo dei lavoratori della notte quando il buio accompagna il silenzio che segue ad una vorticosa giornata. E' un pullulare sommesso quello di tanta gente che svolge i turni di notte.
Questo è il vero popolo della notte, quello che va a lavorare alle 20 o a mezzanotte e poi dritto fino alla mattina che lo porterà a riposare qualche ora quando gli altri si alzano.
Oggi proprio questa fetta di lavoratori è sotto la lente di ingrandimento per studiare e indagare la vita atipica dei turnisti al fine di verifcare quale sia l'impatto sulla salute dei loro ritmi lavorativi.
Il numero di tali lavoratori non è affatto trascurabile: sono uno su cinque in Europa e consiste nello svolgere le ore non secondo regolari contratti diurni di otto ore, ma in turni notturni, a rotazione, o in ore irregolari.
La conseguenza sulla salute è presto detta: paragonati con individui che lavorano le tipiche 8 ore giornaliere, i soggetti che lavorano a turni presentano un maggiore rischio per alcune patologie, quali l’obesità, il diabete di tipo 2, le malattie cardiovascolariproblemi digestivi e naturalmente disordini del sonno e depressione.
Si può persino riscontrare una carenza di vitamina D (per la ridotta esposizione alla luce del sole). Per esempio, i dati di un'ampia indagine meta-analitica pubblicata il 26 luglio 2012 sul British Medical Journal, frutto di una cooperazione canadese-norvegese-svedese, prendono in considerazione 34 studi con il coinvolgimento di oltre 2 milioni di persone e stabiliscono un incremento del 23% dei rischi di infarto, del 24% di eventi coronarici e del 5% di ictus cerebrali fra i turnisti.
Lo stesso si può dire per il diabete: sembrerebbe che il mancato sonno o comunque un ritmo sballato delle ore di riposo rispetto a quelle di veglia, impedisca all’organismo di controllare correttamente i livelli di zuccheri presenti nel sangue.
Per i lavoratori turnisti è stato evidenziato in aggiunta un calo dell’8% del metabolismo a riposo, con conseguenteaumento di peso di circa 5 Kg in un solo anno.
Quindi c'è una predisposizione al sovrappeso: chi lavora di notte ha più difficoltà a dormire durante il giorno, e questoaltera l’equilibrio biologico dell’organismo.
Ed è proprio l'alterazione del metabolismo il fenomeno che sta alla base delle minacce alla salute.
In queste situazioni che potremmo definire di stress fisiologico si alterano i 'ritmi circadiani' dell’organismo umano, conosciuti anche come “orologio biologico”, che sono un insieme di fluttuazioni fisiologiche all’interno delle 24 ore, fluttuazioni che sono soggette alla luce solare e alla temperatura.
Il lavoro a turni può modificare la distribuzione di energia nel corso della giornata. Il turnista tende a fare dei frequenti spuntini piuttosto che dei pasti completi.
Ma sono ancora troppo pochi gli studi che hanno valutato con attenzione l’apporto dei nutrienti e l’impatto del numero di spuntini. L'evidenza è però che la privazione dei pasti in famiglia o con gli amici alla quale corrisponde l'abitudine a mangiare in solitudine è un fattore determinante sulla scelta della qualità del cibo e della sua modalità di assunzione. Infatti durante il lavoro il tempo per il pasto non è mai considerato una priorità e dunque può sottostare a problemi di personale e di orari e lo snack rapido e veloce diventa il subdolo compagno notturno che placa la fame improvvisa.
Bisogna, tuttavia, attendere ricerche più approfondite per conoscere il rapporto tra orologio biologico, stile di vita e metabolismo dei lavoratori a turni.
Per il momento l'EUFIC (EUropean Food Information Council) ha stilato alcuni suggeriemnti per turnisti e datori di lavoro, magari da girare anche al nostro Ministero della Salute e a quello del Welfare:
  • Negli ambienti lavorativi si deve sviluppare una strategia nutrizionale che permetta di effettuare scelte salutari di alimenti e bevande in un ambiente tranquillo.
  • Gli orari dei turni devono essere formulati per permettere ai lavoratori di avere un tempo adeguato tra i turni permantenere uno stile di vita salutare, con dei pasti regolari e degli adeguati tempi per l’esercizio fisico e per il riposo.
  • I lavoratori a turni dovrebbero cercare di avere un ritmo di assunzione di alimenti il più possibile normaleEvitare di mangiare nel periodo che va da mezzanotte alle sei del mattino; e cercare di mangiare all’inizio e alla fine del turno. Ad esempio, chi lavora nel turno del pomeriggio dovrebbe assumere il pasto principale nel mezzo della giornata, piuttosto che a metà del turno. Chi lavora di notte dovrebbe mangiare il pasto principale prima di iniziare il turno, alla solita ora di cena.
  • Fare la colazione prima di andare a letto di giorno evita che ci si possa risvegliare per la fame. Tuttavia, questa prima colazione deve essere leggera, una colazione troppo pesante (effettuata 1 o 2 ore prima di coricarsi) può rendere difficoltoso prendere sonno.
  • Bere regolarmente aiuta a prevenire la disidratazione che può aumentare la sensazione di fatica.
  • Sostanze stimolanti come la caffeina possono rimanere nell’organismo diverse ore dopo l’assunzione e possono aumentare la vigilanza e pertanto interferire con il sonno. Se i turnisti sentono la necessità di caffeina durante il loro turno, devono cercare di assumerla all’inizio dello stesso per passare con il progredire delle ore a bevande senza caffeina. È bene evitare di assumere alcool per riuscire ad addormentarsi.

domenica 7 ottobre 2012

Catetere venoso periferico, quanto puoi restare in situ?


Articolo tratto  da: Infermieri Attvi (tutti i diritti sono riservati a Franco Ognibene)
La gestione degli accessi vascolari ha ricevuto un forte input con la linea guida del 2002 che dava un limite temporale ben preciso 72-96 ore oggi ha modificato questa posizione ma ha lasciato un ampio grado di incertezza...
La linea guida del 2002 riportava:
Replacement catheters
-Peripheral Venous Catheters Scheduled replacement of intravascular catheters has been proposed as a method to prevent phlebitis and catheter-related infections. Studies of short peripheral venous catheters indicate that the incidence of thrombophlebitis and bacterial colonization of catheters increases when catheters are left in place >72 hours (66,67,127). However, rates of phlebitis are not substantially different in peripheral catheters left in place 72 hours compared with 96 hours (128).
Because phlebitis and catheter colonization have been associated with an increased risk for catheter-related infection, short peripheral catheter sites commonly are rotated at 72--96-hour intervals to reduce both the risk for infection and patient discomfort associated with phlebitis.
La bibliografia di riferimento era:
67:Band JD, Maki DG. Steel needles used for intravenous therapy: morbidity in patients with hematologic malignancy. Arch Intern Med 1980;140:31--4.
68:Tully JL, Friedland GH, Baldini LM, Goldmann DA. Complications of intravenous therapy with steel needles and Teflon® catheters: a comparative study. Am J Med 1981;70:702--6
127: Collin J, Collin C. Infusion thrombophlebitis. Lancet 1975;2:458.
128: Lai KK. Safety of prolonging peripheral cannula and i.v. tubing use from 72 hours to 96 hours. Am J Infect Control 1998;26:66--70.

La raccomandazione è stata presa con la bibliografia disponibile allora e con gli aggiornamenti che la ricerca porta ci dovrebbero essere informazioni chiare e precise.
Però se leggiamo l'edizione del 2011 si assiste ad uno strano fenomeno, la versione italiana presente nel nostro sito riporta:

venerdì 14 settembre 2012


 Dal sito: Infermieri 24

 

I vizi valvolari - 01 - Stenosi aortica

I vizi valvolari - 01 - Stenosi aortica
Prima di affrontare il capitolo dedicato ai vizi valvolari, vengono riportati, quali utili reminder, alcuni principi fondamentali di semeiotica cardiologica.

Elementi di semeiotica cardiologica
Cosa sono i toni cardiaci?
Cosa e dove sono i focolai di auscultazione cardiaca?
Cosa sento quando ausculto i focolai cardiaci?
Quale è l'origine dei soffi cardiaci?
Come si classificano i soffi cardiaci?



Stenosi aortica 
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Anatomia della valvola semilunare aortica 

La valvola aortica ha forma circolare ed è posta tra il ventricolo sinistro e l'aorta. 
E' costituta da tre lembi semilunari e che le conferiscono il cosiddetto aspetto a 'nido di rondine'

Come funziona la valvola aortica? 

• Durante la sistole (fase in cui si ha contrazione del ventricolo) i lembi valvolari vengono spinti verso la parete aortica 
• Durante la diastole (fase in cui i ventricoli si rilasciano e si riempiono di sangue) i lembi valvolari si aprono, con la concavità rivolta verso l'alto e chiudono l'orifizio aortico, impedendo al sangue di refluire in ventricolo.





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Definizione e cause della stenosi aortica 

La stenosi aortica è una patologia della valvola omonima caratterizzata dall'ostacolo all'efflusso di sangue durante la sistole ventricolare(cioè quando il sangue viene spinto dalla contrazione ventricolare sinistra nell' aorta ascendente attraverso la valvola aortica). La valvola aortica stenotica in pratica rende difficoltoso il normale passaggio di sangue. 

Le principali cause di stenosi aortica sono: 
• malformazioni congenite (valvole bicuspidi) 
• cardiopatia reumatica (infiammatoria) 
• degenerativa (legata all'età) 







Fisiopatologia 

Il processo fisiopatologico principale della stenosi aortica è rappresentato dall'ostacolo all’efflusso di sangue dal ventricolo sinistro all’aorta durante la sistole
Perchè una stenosi aortica diventi emodinamicamente significativa, l’area valvolare deve ridursi a circa 1/3 di quella normale. (la stenosi aortica serrata si definisce per aree valvolari < 0,75cm2) 

La resistenza all'efflusso di sangue viene compensata dal maggiore lavoro svolto dal ventricolo, che diventa ipertrofico (aumento dello spessore della parete e della massa). 
L'ipertrofia del ventricolo comporta però dei costi: 
• aumento del consumo di ossigeno per aumento della massa muscolare ventricolare e del lavoro da essa svolto. 
• compressione e ridotta perfusione delle coronarie 

Con il progredire della malattia i meccanismi di compenso tendono a perdere di efficacia : 
• la capacità contrattile del ventricolo sinistro si riduce 
• il ventricolo si dilata (il muscolo si “sfianca") 
• si riduce la portata cardiaca (quantità di sangue pompato da ogni ventricolo in 1 minuto) 
• aumenta la pressione nel ventricolo (a causa del sangue che non viene eiettato e rimane nel ventricolo) 
• a ritroso, si ha aumento a livello atriale sinistro, quindi nel circolo polmonare con aumento delle pressioni capillari polmonari ed infine la comparsa di insufficienza cardiaca congestizia (edema polmonare). 





Sintomatologia 

La stenosi aortica può rimanere per molti anni asintomatica e può venire diagnosticata casualmente. I sintomi iniziano a comparire quando i meccanismi ipertrofici di compenso del ventricolo non sono più sufficienti e normalmente iniziano a presentarsi durante lo sforzo fisico. Con il progredire dell'insufficienza ventricolare sn, i sintomi si manifestano per sforzi sempre più lievi fino a comparire anche a riposo. 
I sintomi tipici della stenosi aortica sono: 
• angina: dovuta a un duplice meccanismo: 1) aumento del consumo di ossigeno da parte del miocardio ipertrofico e del lavoro cui è sottoposto 2) ischemia da ridotta perfusione coronarica (a coronarie indenni). 
• sincope da sforzo o ortostatica: insufficiente perfusione cerebrale dovuta a vasodilatazione periferica (conseguente all'attivazione di barocettori stimolati dall'aumento pressorio ventricolare). La vasodilatazione periferica non viene compensata dall'aumento della gittata cardiaca a causa della stenosi valvolare (o delle condizioni del miocardio) e si ha quindi la sincope. 
• dispnea: si manifesta dapprima come dispnea da sforzo, successivamente, nelle fasi avanzate della malattia, anche a riposo. E' infine la manifestazione clinica dell'insufficienza cardiaca congestizia (edema polmonare). 

I pazienti possono presentare aritmie anche molto gravi. 
Il polso è piccolo in ampiezza (per riduzione della gittata cardiaca). La forza del polso è infatti proporzionale alla efficienza contrattile del miocardio. 
Il polso è tardo, cioè è maggiore la durata tra l'inizio e la fine dell'onda che si palpa (dura di più). 




Il soffio da stenosi aortica 

• Soffio sistolico da eiezione ventricolare(generato dai vortici di sangue attraverso la valvola stenotica). 
• Inizia subito dopo il I tono, aumenta di intensità, raggiunge il massimo e poi decresce. (immaginiamo una forma a diamante). Termina subito prima del II tono. 
• Apprezzabile prevalentemente sul focolaio di auscultazione aortico. 
• A volte viene trasmesso attraverso l'arteria polmonare nel terzo spazio intercostale sinistro sulla marginosternale (focolaio di Erb), a volte all'apice cardiaco. 





 











 












Esami diagnostici 

1) ECG: normale o segni di ipertrofia del ventricolo sinistro 
2) Rx torace: 
• normale o lieve ingrandimento del ventricolo sinistro 
• calcificazioni valvolari aortiche 
• se la stenosi è serrata e si ha scompenso cardiaco: cardiomegalia con stasi polmonare 
3) ecocardiogramma/ecodoppler: esame fondamentale :conferma la presenza e valuta la gravità 
della disfunzione valvolare e del ventricolo. 


Prognosi 

Nei pazienti con SA, la sopravvivenza media dopo la comparsa d'angina è di circa 5 anni; dopo la comparsa di sincope, è di 3 anni; dopo la comparsa di dispnea è di 2 anni. L'impostazione di un adeguato trattamento consente di prolungare i tempi di sopravvivenza. Circa il 50% dei decessi si verifica all'improvviso.

domenica 29 luglio 2012

Un'infermiera del San Giovanni: così è stata scambiata la flebo

ROMA -  L’infermiera che avrebbe iniettato latte al posto della soluzione lipidica ad un neonato ricoverato al San Giovanni, non va in ospedale da giorni: «E’ disperata, sono vent’anni che fa questo lavoro e non riesce a capacitarsi di come siapotuto accadere. Per i primi quattro giorni è rimasta al suo posto, ma poi ha deciso di prendersi un periodo di pausa».

E’ una vita in trincea quella che in questi giorni vivono medici e infermieriindagati per la morte del piccolo Marcus De Vega, lo scorso 29 giugno. Per loro parla, sotto promessa di anonimato, «Michela», una delle infermiere che hanno vissuto i due giorni neri, tra l’incidente delle sacche scambiate e la morte del bambino. Un errore possibile, dice lei: «I due liquidi hanno colori simili, bisogna fare attenzione ma può accadere un incidente». Quello che invece non può accadere, continua, è che entri molto latte in circolo: «Il catetere attraverso cui doveva passare la soluzione lipidica è più piccolo del sondino. Io credo che di latte il bambino ne abbia ricevuto ben poco e che sia morto, molto più semplicemente, perché era prematuro».

La coincidenza dei tempi però c’è, ammette. E’ da quel pomeriggio del 27 giugno che Marcus ha cominciato a stare male ed è morto dopo 48 ore. E c’è una relazione sanitaria che parla di 22 cc di latte immessi nel sangue. «So della coincidenza tra i tempi ma che devo dire? Continuo a non spiegarmela. Aspettiamo cosa diranno i risultati definitivi dell’autopsia, ma sono giorni che ci penso».
Il clima attorno al reparto in queste ore si è fatto teso: «L’altro giorno mentre due colleghe entravano nel reparto, una donna si è avvicinata e ha urlato assassine. Ma ci sono anche le mamme che vengono a trovarci e si dicono arrabbiate più di noi per questa storia. La verità è ogni anno nel nostro reparto nascono 2.400 bambini, e decine sono quelli che salviamo ogni giorno. Ma questo ora sembra non ricordarlo quasi nessuno».

Michela, che il giorno dello scambio era appena andata a casa ma ha vissuto nel reparto per tutto questo mese, difende i colleghi. Sui dirigenti e sulla possibilità che siano stati avvisati in ritardo dice di sapere poco: «Sono sicura che la primaria sia stata informata quel pomeriggio. Lei non c’era e non so quando e come ha avvisato i dirigenti. In teoria c’era un suo sostituto, lei comunque è un’ottima professionista». E la mamma che non sapeva niente? Jacqueline De Vega che ha letto tutto sui giornali? «Quando Marcus è morto le è stato detto che le cause erano iatrogene, ovvero esterne». Una parola difficile persino per un italiano: «Ma lei ha capito, io sono convinta. E’ anche tornata in ospedale nei giorni successivi e ha firmato un foglio per fare il funerale prima dell’esame autoptico sul corpo del bambino».

Come sia andata davvero la storia, dovrebbe accertarlo l’inchiesta della procura di Roma. Il procuratore aggiunto Leonardo Frisani ha conferito un nuovo incarico ai medici legali Saverio Potenza e Ugo Di Tondo. Oltre ad accertare le cause della morte i consulenti dovranno capire se «le terapie effettuate siano state idonee». Oggi, riprenderanno gli esami sul corpo del bambino. Assisteranno gli avvocati degli indagati, ma anche quelli della mamma di Marcus, Jacqueline. Che, dice il suo avvocato Danilo Granito: «E’ sconvolta e a casa. Non credo che si renda ancora bene di tutto, certo le tante malignità su di lei non la aiutano. Lei desiderava Marcus e voleva portarlo nelle Filippine».

lunedì 9 gennaio 2012

Il deflussore per fleboclisi dei miei desideri

Fonte. Infermieri Attivi
Un deflussore che durante il riempimento si fermi appena pieno, che non faccia scendere l'aria oltre il gocciolatore e che sia facile da regolare, un miraggio. No un deflussore così esiste si chiama Intrafix® SafeSet è un prodotto Braun che risolve tutti questi problemi e sono convinto che contribuirà in modo sensibile alla riduzione delle contaminazioni accidentali delle linee infusive...

Il deflussore è un componente importante per la somministrazione della terapia endovenosa.
Ho avuto modo di provare l'Intrafix safeset e posso dire:
Il gocciolatore che vedete in foto ha un anello di plastica che consente una presa sicura e consente di forare con precisione la fleboclisi.
Alla base del gocciolatore c'è il primo segreto di questo deflussore, un filtro che al termine dell'infusione non consente al liquido di scendere oltre, questo si traduce in:
-riduzione complessiva del tempo dedicato alla terapia endovenosa dato che riempire un deflussore che si è vuotato richiede tempo.
- maggiore sicurezza contro contaminazioni accidentali, è la conseguenza del fatto che non si deve sraccordare il set per togliere l'aria.
Il regolatore di flusso sembra grande e di forma strana ma è ergonomico, si regola bene.
Un altro ritrovato di questo deflussore è nell'estremità, nella foto si vede il tappino verde che è una valvola eccezionale, ferma il flusso appena arriva al termine, questo dispositivo consente di non sgocciolare farmaci a destra e manca durante la preparazione e di conseguenza si riduce il rischio di dispersione ed eventuale contaminazione della soluzione da infondere e dell'ambiente.
Se non si è capito mi è piaciuto ha tutto quello che ho sempre pensato dovesse avere un deflussore per fleboclisi.

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