La Casa di Lellino

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domenica 29 luglio 2012

Un'infermiera del San Giovanni: così è stata scambiata la flebo

ROMA -  L’infermiera che avrebbe iniettato latte al posto della soluzione lipidica ad un neonato ricoverato al San Giovanni, non va in ospedale da giorni: «E’ disperata, sono vent’anni che fa questo lavoro e non riesce a capacitarsi di come siapotuto accadere. Per i primi quattro giorni è rimasta al suo posto, ma poi ha deciso di prendersi un periodo di pausa».

E’ una vita in trincea quella che in questi giorni vivono medici e infermieriindagati per la morte del piccolo Marcus De Vega, lo scorso 29 giugno. Per loro parla, sotto promessa di anonimato, «Michela», una delle infermiere che hanno vissuto i due giorni neri, tra l’incidente delle sacche scambiate e la morte del bambino. Un errore possibile, dice lei: «I due liquidi hanno colori simili, bisogna fare attenzione ma può accadere un incidente». Quello che invece non può accadere, continua, è che entri molto latte in circolo: «Il catetere attraverso cui doveva passare la soluzione lipidica è più piccolo del sondino. Io credo che di latte il bambino ne abbia ricevuto ben poco e che sia morto, molto più semplicemente, perché era prematuro».

La coincidenza dei tempi però c’è, ammette. E’ da quel pomeriggio del 27 giugno che Marcus ha cominciato a stare male ed è morto dopo 48 ore. E c’è una relazione sanitaria che parla di 22 cc di latte immessi nel sangue. «So della coincidenza tra i tempi ma che devo dire? Continuo a non spiegarmela. Aspettiamo cosa diranno i risultati definitivi dell’autopsia, ma sono giorni che ci penso».
Il clima attorno al reparto in queste ore si è fatto teso: «L’altro giorno mentre due colleghe entravano nel reparto, una donna si è avvicinata e ha urlato assassine. Ma ci sono anche le mamme che vengono a trovarci e si dicono arrabbiate più di noi per questa storia. La verità è ogni anno nel nostro reparto nascono 2.400 bambini, e decine sono quelli che salviamo ogni giorno. Ma questo ora sembra non ricordarlo quasi nessuno».

Michela, che il giorno dello scambio era appena andata a casa ma ha vissuto nel reparto per tutto questo mese, difende i colleghi. Sui dirigenti e sulla possibilità che siano stati avvisati in ritardo dice di sapere poco: «Sono sicura che la primaria sia stata informata quel pomeriggio. Lei non c’era e non so quando e come ha avvisato i dirigenti. In teoria c’era un suo sostituto, lei comunque è un’ottima professionista». E la mamma che non sapeva niente? Jacqueline De Vega che ha letto tutto sui giornali? «Quando Marcus è morto le è stato detto che le cause erano iatrogene, ovvero esterne». Una parola difficile persino per un italiano: «Ma lei ha capito, io sono convinta. E’ anche tornata in ospedale nei giorni successivi e ha firmato un foglio per fare il funerale prima dell’esame autoptico sul corpo del bambino».

Come sia andata davvero la storia, dovrebbe accertarlo l’inchiesta della procura di Roma. Il procuratore aggiunto Leonardo Frisani ha conferito un nuovo incarico ai medici legali Saverio Potenza e Ugo Di Tondo. Oltre ad accertare le cause della morte i consulenti dovranno capire se «le terapie effettuate siano state idonee». Oggi, riprenderanno gli esami sul corpo del bambino. Assisteranno gli avvocati degli indagati, ma anche quelli della mamma di Marcus, Jacqueline. Che, dice il suo avvocato Danilo Granito: «E’ sconvolta e a casa. Non credo che si renda ancora bene di tutto, certo le tante malignità su di lei non la aiutano. Lei desiderava Marcus e voleva portarlo nelle Filippine».