Utilizzo improprio dell'istit
Corte dei Conti: Dirigenti e dipendenti di un ospedale
condannati a risarcire l’Erario. "Non si utilizza la
pronta disponibilità degli infermieri per le carenze
d’organico"
La reperibilità va utilizzata soltanto quando c’è
reale emergenza: non si può ricorrervi sempre, facendo
saltare il necessario riposo ai lavoratori e retribuendo la
pronta disponibilità come straordinario. Chi lo fa -
dirigenti dell’ospedale e dipendenti - commette un danno
all’Erario. Lo ha chiarito la Corte dei conti del Lazio
(sentenza n. 1606/2010 del 9 agosto scorso), accodandosi
alla giurisprudenza di legittimità che ha da tempo
riconosciuto come il mancato godimento del riposo
settimanale si ponga in contrasto con l’articolo 36 della
Costituzione. Nella fattispecie, la procura aveva
riscontrato l’illegittimo impiego delle risorse
finanziarie di un presidio laziale che per il 2003, 2004 e
2005 aveva creato «un meccanismo retributivo al di fuori
della legge, al fine di trovare nel personale
infermieristico dell’Uo Anestesia e rianimazione
dell’ospedale una maggiore disponibilità e
condiscendenza nel rendere le prestazioni di urgenza ». In
pratica, i turni normali di servizio, mediamente della
durata di 6 ore giornaliere, erano costantemente effettuati
come se fossero turni di reperibilità: uno stesso
dipendente copriva contemporaneamente il suo turno di lavoro
più altri turni in diversi reparti. L’infermiere
guadagnava di più, e l’ospedale non doveva assumere
altro personale. La Corte dei conti ricostruisce la
“ratio” dell’istituto della reperibilità e delle
condizioni di liceità del suo utilizzo. La reperibilità
fuori orario - si legge nella decisione - non costituisce
una mansione in senso tecnico-giuridico, ma integra un
obbligo accessorio e intermedio per il lavoratore. Si
caratterizza, quindi, nella messa a disposizione di
attività lavorative per sopperire a straordinarie e
urgenti esigenze di servizio, caratterizzate dalla
specialità e occasionalità (di regola di notte e nei
giorni festivi). Le aziende possono valutare eventuali
ulteriori situazioni in cui ammettere la pronta
disponibilità, in base alle proprie esigenze
organizzative, ma non prevedere meccanismi di sostituzione
della reperibilità con turni di lavoro. L’obbligo di
reperibilità non equivale quindi a prestazione lavorativa
e impone il riconoscimento del compenso non come giorno di
lavoro, ma con corrispettivo minore. Nel caso in esame,
invece, si è assistito a «un collocamento a tappeto
degli infermieri in pronta disponibilità, del tutto
svincolato dall’occasionalità e da particolari
situazioni di disagio». Le erogazioni conseguenti sono
pertanto illegittime e vanno ricondotte ad abuso nella
gestione delle risorse ospedaliere, perché «si
atteggiavano, di fatto, a una vera e propria indennità
accessoria» riconosciuta agli infermieri per incentivarli
a supplire alla carenza di organico. Circa la
quantificazione economica del danno, rammenta la Corte,
vanno sottratte agli importi richiesti dalla procura tutte
le somme corrisposte agli infermieri per la prestazione di
ore straordinario nel periodo in questione, nonché le
somme erogate per il legittimo collocamento in pronta
disponibilità nelle ore notturne e nei giorni festivi.
Paola Ferrari, Avvocato
condannati a risarcire l’Erario. "Non si utilizza la
pronta disponibilità degli infermieri per le carenze
d’organico"
La reperibilità va utilizzata soltanto quando c’è
reale emergenza: non si può ricorrervi sempre, facendo
saltare il necessario riposo ai lavoratori e retribuendo la
pronta disponibilità come straordinario. Chi lo fa -
dirigenti dell’ospedale e dipendenti - commette un danno
all’Erario. Lo ha chiarito la Corte dei conti del Lazio
(sentenza n. 1606/2010 del 9 agosto scorso), accodandosi
alla giurisprudenza di legittimità che ha da tempo
riconosciuto come il mancato godimento del riposo
settimanale si ponga in contrasto con l’articolo 36 della
Costituzione. Nella fattispecie, la procura aveva
riscontrato l’illegittimo impiego delle risorse
finanziarie di un presidio laziale che per il 2003, 2004 e
2005 aveva creato «un meccanismo retributivo al di fuori
della legge, al fine di trovare nel personale
infermieristico dell’Uo Anestesia e rianimazione
dell’ospedale una maggiore disponibilità e
condiscendenza nel rendere le prestazioni di urgenza ». In
pratica, i turni normali di servizio, mediamente della
durata di 6 ore giornaliere, erano costantemente effettuati
come se fossero turni di reperibilità: uno stesso
dipendente copriva contemporaneamente il suo turno di lavoro
più altri turni in diversi reparti. L’infermiere
guadagnava di più, e l’ospedale non doveva assumere
altro personale. La Corte dei conti ricostruisce la
“ratio” dell’istituto della reperibilità e delle
condizioni di liceità del suo utilizzo. La reperibilità
fuori orario - si legge nella decisione - non costituisce
una mansione in senso tecnico-giuridico, ma integra un
obbligo accessorio e intermedio per il lavoratore. Si
caratterizza, quindi, nella messa a disposizione di
attività lavorative per sopperire a straordinarie e
urgenti esigenze di servizio, caratterizzate dalla
specialità e occasionalità (di regola di notte e nei
giorni festivi). Le aziende possono valutare eventuali
ulteriori situazioni in cui ammettere la pronta
disponibilità, in base alle proprie esigenze
organizzative, ma non prevedere meccanismi di sostituzione
della reperibilità con turni di lavoro. L’obbligo di
reperibilità non equivale quindi a prestazione lavorativa
e impone il riconoscimento del compenso non come giorno di
lavoro, ma con corrispettivo minore. Nel caso in esame,
invece, si è assistito a «un collocamento a tappeto
degli infermieri in pronta disponibilità, del tutto
svincolato dall’occasionalità e da particolari
situazioni di disagio». Le erogazioni conseguenti sono
pertanto illegittime e vanno ricondotte ad abuso nella
gestione delle risorse ospedaliere, perché «si
atteggiavano, di fatto, a una vera e propria indennità
accessoria» riconosciuta agli infermieri per incentivarli
a supplire alla carenza di organico. Circa la
quantificazione economica del danno, rammenta la Corte,
vanno sottratte agli importi richiesti dalla procura tutte
le somme corrisposte agli infermieri per la prestazione di
ore straordinario nel periodo in questione, nonché le
somme erogate per il legittimo collocamento in pronta
disponibilità nelle ore notturne e nei giorni festivi.
Paola Ferrari, Avvocato
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